Gli omini
Un giro di mille vite reali riassunte in tre biografie in parte immaginarie.
Tre omini nascono, crescono, fanno lo sviluppino, maturano, invecchiano, sfioriscono e tirano il calzino (ed è subito rima). Lo fanno davanti agli occhi di tutti, bruciando le tappe, stringendo i denti della vita, come diciamo noi. Quarantacinque minuti il primo tempo, un quarto d’ora l’intervallo, quarantacinque minuti la ripresa. Si gioca al gioco di fare. Tre omini incubati, tre cicli, un triciclo. La lancetta scatta, il tempo passa, l’acqua scorre, l’omino schiatta. Sbagliando s’impara, vivendo s’imbara. Ma la vita? Malavita? Organizzata. Tre omini si cosano. Tre piccoli porcellin, si lavano e si vestono, e vanno. E sono andati. Tre omini, tre anime. Nei vari posti, tre omini fraseggiano composti, scomposti, e poi riposti. Piccoli omini crescono, e questo si è capito. Che si vestono, si vede bene, ma perché? Le vite dei tre omini non sono tre storie da raccontare, sono solo tre vite. Gli omini hanno vita facile. Diverse fasi, diverse frasi, a volte anche le stesse, ma sempre belle come la prima volta. Frasi di versi. Frasi fatte. Fasi fratte. Fiori fritti. Tre omini si sfuggono, si parlano, si ascoltano poco, s’incrociano, s’accoppiano, s’escludono, s’affliggono, s’afflosciano.
Neonati, gli omini sembrano dei clown, parlano con monosillabi, dicono quel poco che riesce a dire chi è felice. Ridono e fanno ridere. E se non fanno ridere, si ridono addosso. Poi crescono e educatamente imparano. Che cortesia! Che gentilezza! Grazie! Prego! Subita Educazione. Gli omini si mettono i calzoni: primi pudori, primi prudori, primi sudori, primi odori, pomodori. Dalle nuvole in pantaloni. Gli omini si fronteggiano, i pantaloni s’insudiciano, ma tutto ancora si può lavare. Indossano bretelle o cinture per allacciarsi. Convinzioni Convenzioni Sovvenzioni (Grazie! Prego! Che gentilezza!). Come dicevamo, omini crescono. La barba, si fanno. Guarda che omini! Belli sani! E coi principi degli altri! E ora? E ora si troveranno un mestierino. Ma si, dai, si fa prima. Mestierino vuol dire che non c’è più gente che pensa a te, ma solo gente che pensa per te. Gli omini passano alla cassa. Si mettono la camicia, di forza. Riempiono più o meno le tasche, ora che hanno anche un taschino. Vedono giocare e fraintendono. Vivono giorni che dimenticano in diretta. Grazie! Prego! Prego: Ascondici, o Signore! Il gioco di fare va via via sfumando, e gli omini si mettono la giacca. Si sposano, si divorziano, si risposano, si riposano, si separano, si sparano. Ascondici, o Signore! Questi omini ben vestiti, se non parton per Haiti, se non vanno a travestiti, se non sono già impazziti, trullallero trullallà, hanno i diti appesantiti. Dignità, dignità. Umiltà, umiltà. La rassegna dell’azione, la rassegnazione. Tre omini si mettono il cappello e la cravatta e l’ombrello e il bastone, l’orologio si è fermato, ma non per questo sono rimasti giovani. Cosa ne rimane? Tanti saluti e tanti bei ricordi.
Tre omini nascono, crescono, fanno lo sviluppino, maturano, invecchiano, sfioriscono e tirano il calzino (ed è subito rima). Lo fanno davanti agli occhi di tutti, bruciando le tappe, stringendo i denti della vita, come diciamo noi. Quarantacinque minuti il primo tempo, un quarto d’ora l’intervallo, quarantacinque minuti la ripresa. Si gioca al gioco di fare. Tre omini incubati, tre cicli, un triciclo. La lancetta scatta, il tempo passa, l’acqua scorre, l’omino schiatta. Sbagliando s’impara, vivendo s’imbara. Ma la vita? Malavita? Organizzata. Tre omini si cosano. Tre piccoli porcellin, si lavano e si vestono, e vanno. E sono andati. Tre omini, tre anime. Nei vari posti, tre omini fraseggiano composti, scomposti, e poi riposti. Piccoli omini crescono, e questo si è capito. Che si vestono, si vede bene, ma perché? Le vite dei tre omini non sono tre storie da raccontare, sono solo tre vite. Gli omini hanno vita facile. Diverse fasi, diverse frasi, a volte anche le stesse, ma sempre belle come la prima volta. Frasi di versi. Frasi fatte. Fasi fratte. Fiori fritti. Tre omini si sfuggono, si parlano, si ascoltano poco, s’incrociano, s’accoppiano, s’escludono, s’affliggono, s’afflosciano.
Neonati, gli omini sembrano dei clown, parlano con monosillabi, dicono quel poco che riesce a dire chi è felice. Ridono e fanno ridere. E se non fanno ridere, si ridono addosso. Poi crescono e educatamente imparano. Che cortesia! Che gentilezza! Grazie! Prego! Subita Educazione. Gli omini si mettono i calzoni: primi pudori, primi prudori, primi sudori, primi odori, pomodori. Dalle nuvole in pantaloni. Gli omini si fronteggiano, i pantaloni s’insudiciano, ma tutto ancora si può lavare. Indossano bretelle o cinture per allacciarsi. Convinzioni Convenzioni Sovvenzioni (Grazie! Prego! Che gentilezza!). Come dicevamo, omini crescono. La barba, si fanno. Guarda che omini! Belli sani! E coi principi degli altri! E ora? E ora si troveranno un mestierino. Ma si, dai, si fa prima. Mestierino vuol dire che non c’è più gente che pensa a te, ma solo gente che pensa per te. Gli omini passano alla cassa. Si mettono la camicia, di forza. Riempiono più o meno le tasche, ora che hanno anche un taschino. Vedono giocare e fraintendono. Vivono giorni che dimenticano in diretta. Grazie! Prego! Prego: Ascondici, o Signore! Il gioco di fare va via via sfumando, e gli omini si mettono la giacca. Si sposano, si divorziano, si risposano, si riposano, si separano, si sparano. Ascondici, o Signore! Questi omini ben vestiti, se non parton per Haiti, se non vanno a travestiti, se non sono già impazziti, trullallero trullallà, hanno i diti appesantiti. Dignità, dignità. Umiltà, umiltà. La rassegna dell’azione, la rassegnazione. Tre omini si mettono il cappello e la cravatta e l’ombrello e il bastone, l’orologio si è fermato, ma non per questo sono rimasti giovani. Cosa ne rimane? Tanti saluti e tanti bei ricordi.
Spettacolo:
Nazionalità: Italia
Genere: Teatro di strada, Teatro della memoria presente
Email: gliomini@katamail.com,
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Nazionalità: Italia
Genere: Teatro di strada, Teatro della memoria presente
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